2017

Specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e Cure Primarie: una risposta necessaria per affrontare le sfide del Servizio Sanitario Nazionale

L’emendamento 19.18, a firma dei Senatori Castellone, Granato, Angrisani, De Lucia, Russo, Vanin, Laniece, Verducci, presentato al Senato in rappresentanza dei gruppi Parlamentari di maggioranza in seno alla Legge di conversione del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante “misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, propone di istituire un percorso universitario di formazione specialistica anche per la medicina generale. Questo nuovo percorso si affiancherebbe ai corsi triennali di formazione specifica di medicina generale erogati dalle Regioni, che, a differenza dei corsi di specializzazione, non posseggono un vero e proprio core curriculum nazionale e non sono soggetti ad un sistema di accreditamento e di miglioramento continuo della qualità. Il nuovo percorso formativo-professionalizzante, oltre ad essere caratterizzato da un ordinamento didattico omogeneo e standardizzato, peraltro in sintonia coi principi della Primary Health Care (PHC) della World Health Organization, consentirebbe di allineare l’Italia al resto d’Europa; infatti, il nostro Paese, allo stato attuale, è l’unico a non prevedere una formazione specialistica per poter svolgere il ruolo di medico di famiglia anche a causa del mancato pieno recepimento delle direttive Comunitarie.

L’emendamento prevede che il corso di specializzazione in Medicina delle Comunità e Cure Primarie (SSMCCP), della durata di 4 anni e già attivo in 5 sedi universitarie (Padova, Modena, Bologna, Bari e Napoli), venga riordinato e ridenominato in Scuola di specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e Cure Primarie (SSMGCCP), nonché sia riconosciuto quale formazione specifica di medicina generale (FSMG), consentendo ai futuri diplomati specialisti di poter esercitare anche la professione di medico di medicina generale (MMG). Tali scuole di specializzazione, che documentano un percorso formativo qualificante, ben strutturato ed articolato in reti formative integrate tra università, territorio (con in prima linea i medicina di medicina generale) ed ospedale, sono già oggi in possesso di tutti i requisiti previsti dalla normativa europea, ma il titolo da esse rilasciato ai medici che le frequentano non consente loro, inspiegabilmente, di esercitare la Medicina Generale. Infatti, la SSMCCP, sin dalle origini, ha l’obiettivo di formare “medici specialisti nel settore professionale della medicina di famiglia e di comunità (DM MURST 3 luglio 1996) con compiti clinici e di coordinamento della rete delle cure primarie”. La SMCCP è, pertanto, l’unica Specializzazione universitaria che forma medici specialisti nelle Cure Primarie/Assistenza Sanitaria Primaria (DIM 4 febbraio 2015, n.68). Gli specializzandi iscritti a tale scuola acquisiscono le competenze previste frequentando gli ambulatori territoriali dei MMG e dei pediatri di libera scelta, nonché i centri di cure primarie, gli Hospice, gli Ospedali di comunità (laddove esistenti), ecc. Lo specialista acquisisce anche specifiche competenze ed esperienze negli interventi di promozione della salute e prevenzione, e viene addestrato a un approccio comunitario alle malattie (acute e croniche) e di presa in carico globale in tutte le fasi della malattia, comprese le fasi terminali. Per inciso, è notizia degli ultimi giorni che il Ministero della Salute, in ossequio ad una previsione di legge, a mezzo di un apposito decreto abbia inserito la scuola di specializzazione in Medicina di comunità e delle cure primarie tra le scuole equipollenti alla disciplina di Cure palliative. E, coerentemente, il Ministero della Salute ha incrementato la dotazione dei contratti di formazione specialistica da destinare su base nazionale a tale percorso formativo.

Il valore aggiunto di un percorso specialistico di MGCCP è rappresentato, dunque, dall’esercitare la medicina generale con un ampliato bagaglio culturale e di competenze, che include anche l’orientamento alla comunità, l’esercizio delle cure palliative (possibilità al momento preclusa a chi è in possesso del solo diploma di FSMG), nonché l’accesso all’organizzazione dei servizi sanitari di base. In sintesi, il fine è quello di formare degli specialisti del territorio pronti per affrontare le sfide del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) rappresentate dai mutati scenari di salute, dal maggior impatto delle cronicità, dalla appropriatezza delle cure, e dalle incombenze poste dalla corrente pandemia, che richiede risposte organizzate ed integrate a livello di comunità.

E’ bene sottolineare, altresì, che sulla base di queste solide basi culturali e formative, l’emendamento a firma Castellone ed al. si prefigge di identificare la SSMCCP quale unico percorso di formazione specialistica equiparato alla formazione specifica di medicina generale, poiché in possesso dei requisiti minimi previsti dalla Direttiva 2005/36/CE (Art. 28, comma 3). Conseguentemente, non vi

potranno essere delle equipollenze con altre discipline specialistiche, ma l’accesso al ruolo di MMG sarà garantito esclusivamente a quanti in possesso di un diploma regionale di FSMG, che potrà comunque continuare ad essere conseguito attraverso la frequenza dei corsi regionali, nonché ai nuovi specialisti in Medicina Generale, di Comunità e delle Cure Primarie.

Inoltre, l’estensione delle finalità dell’emendamento anche al centinaio di medici già in possesso del diploma di formazione specialistica in MGCCP e MCCP non configura in alcun modo una sanatoria, in quanto si tratta di medici che hanno partecipato ad un concorso a graduatoria nazionale, risultando vincitori, e che posseggono un diploma di specializzazione che conferisce loro un indiscutibile bagaglio culturale e formativo ai fini dell’esercizio della medicina generale.

Ed ancora, gli aspetti qualificanti di siffatta iniziativa Parlamentare hanno potenzialità di più grande impatto per il SSN. L’interscambio culturale tra università e territorio, infatti, favorirebbe lo sviluppo di una osmosi culturale tra ospedale e territorio e l’adozione di un approccio di sistema, superando la logica delle parti e dei silos, nonché creando i presupposti per svolgere attività di ricerca nell’ambito di medicina generale e cure primarie, aprendo la strada alla codifica di un settore scientifico disciplinare dedicato e, quindi, alla creazione di ruoli universitari (ricercatori e professori), nonchè di insegnamenti specifici nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e nei corsi post-lauream. Inoltre, questo percorso consentirebbe ai futuri specialisti in Medicina Generale in possesso delle necessarie competenze di accedere alla direzione delle unità operative di cure primarie, coniugando il ruolo assistenziale a quello organizzativo. Non sfuggono, in ultimo, le ricadute positive connesse alla titolarità di un contratto di formazione specialistica, e delle relative tutele, per i giovani medici che intraprenderanno questo percorso formativo in alternativa ai corsi di formazione regionale ed alle collegate borse di studio.

In conclusione, per quanto prima richiamato ed argomentato, non si può fare a meno di appoggiare con forza questa proposta innovatrice, confidando che la Politica non ceda, ancora una volta, alle resistenze di quanti si oppongono ad una necessaria evoluzione della medicina generale nel nostro Paese per favorire il permanere dello status quo.

Dott. Pignatti Fabio

Dirigente Medico Organ. Servizi San. di Base

Responsabile nazionale Cure Primarie AIM

 

Dott. Giorgio Sessa

Medico di Medicina Generale

Membro e sostenitore campagna “2018 Primary Health Care: Now or Never”

 

Annalisa Napoli

Medico di Medicina Generale e Continuità Assistenziale Segretario Nazionale SIGM

Aim, Sigm e Smi: “Non si perda occasione per istituire un percorso di formazione specialistica per la medicina generale”

“Gli emendamenti che sembrava potessero essere un punto di partenza per l’istituzione di un percorso di formazione specialistica per la medicina generale, allineando l‘Italia al resto d’Europa, dopo una serie di numerosi passaggi parlamentari positivi, sono stati ritirati. E’ possibile che la paura del cambiamento e i dubbi che ne derivano non consentano di vedere tutti gli aspetti positivi che tale provvedimento avrebbe?”. Così in una nota congiunta commentano i lavori in Commissione Bilancio.

“In questi giorni gli emendamenti 5.5 e 5.6, a firma dell’On. Lapia presentati alla Camera dei Deputati in seno alla Legge di conversione del DL 19 maggio 2020, n. 34, hanno riportato al centro del dibattito la formazione dei medici di medicina generale. Tuttavia, gli emendamenti che sembrava potessero essere un punto di partenza per l’istituzione di un percorso di formazione specialistica per la medicina generale, allineando l‘Italia al resto d’Europa, dopo una serie di numerosi passaggi parlamentari positivi, sono stati ritirati. Difficile comprendere le note di gaudio e i toni espressi da alcune realtà associative dopo questa notizia, che invece avrebbe dovuto suscitare delusione e amarezza. E’ possibile che la paura del cambiamento e i dubbi che ne derivano non consentano di vedere tutti gli aspetti positivi che tale provvedimento avrebbe?”.

Così Aim, Sigm e Smi si appellano al Parlamento affinché non vadano perse le proposte contenute nei due emendamenti a prima firma Lapia (M5S) respinti durante la seduta dello scorso martedì in Commissione Bilancio alla Camera.

“Ciò che davvero dovrebbe generare timori non è questo cambiamento ipotizzato, ma l’evidenza che la professione del Mmg in Italia è arretrata nei confronti degli altri paesi EU, e che senza un tempestivo upgrade attraverso una nuova formazione, la professione del Mmg rimarrà obsoleta e sarà destinata ad auto-estinguersi”.

“La recente pandemia Covid-19 è stata a tutti gli effetti un acceleratore di cambiamenti, confermando la necessità di una evoluzione dell’assistenza territoriale attraverso la creazione di equipe multidisciplinari e multiprofessionali ed una maggiore integrazione dei servizi territoriali ed il coinvolgimento delle comunità. La proposta della Scuola di Specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e Cure Primarie (SSMGCCP), e quindi dell’evoluzione della formazione specifica in medicina generale, andrebbe in questa direzione, avvicinando finalmente la Medicina Generale a tutti gli altri attori delle Cure Primarie”, spiegano in una nota congiunta.

“Infatti la Specializzazione in Medicina di Comunità e Cure Primarie (SSMCCP), da cui nascerebbe la SSMGCCP, sin dalle origini si prefigge l’obiettivo di formare ‘medici specialisti nel settore professionale della medicina di famiglia e di comunità (DM MURST 3 luglio 1996) con compiti clinico-gestionali e di coordinamento della rete delle cure primarie’. La SSMCCP è, pertanto, l’unica Specializzazione universitaria che forma medici specialisti nelle Cure Primarie/Assistenza Sanitaria Primaria, termini utilizzati nel nostro Paese per indicare la Primary Health Care (PHC), nell’accezione sostenuta dal WHO (DIM 4 febbraio 2015)”.

“All’interno di una rete formativa integrata Università-Ssn – prosegue la nota – gli specializzandi acquisiscono le competenze previste frequentando gli ambulatori territoriali dei MMG e dei pediatri di libera scelta, nonché centri di cure primarie, Hospice, ospedali di comunità (laddove esistenti), ecc. Non si tratterebbe dunque di una sanatoria, come erroneamente interpretato da alcune voci, bensì del riconoscimento di un diritto, in quanto la Scuola di Specializzazione in Medicina di Comunità e Cure Primarie è l’unico percorso di formazione specialistica ad avere i requisiti minimi previsti dalla Direttiva 2005/36/CE, Art. 28, comma 3, attestanti una FSMG. Ne consegue che non vi potranno essere equipollenze con altre discipline specialistiche, ma l’accesso al ruolo di MMG verrebbe garantito esclusivamente a quanti in possesso di un diploma regionale di FSMG e di un diploma di formazione specialistica in MCCP”.

“Il valore aggiunto di un percorso specialistico di MGCCP sarebbe rappresentato, dunque – spiegano Aim, Sigm e Smi – dall’esercitare la medicina generale con un più ampio bagaglio culturale e di competenze, che include anche l’orientamento alla comunità, la possibilità di esercitare come medico palliativista, che è al momento preclusa a chi è in possesso del solo diploma di FSMG, nonché l’accesso all’organizzazione dei servizi sanitari di base. L’integrazione tra università e territorio, inoltre, favorirebbe lo sviluppo di ricerche scientifiche pubbliche nell’ambito della medicina generale e delle cure primarie, aprendo la strada alla codifica di un Settore Scientifico Disciplinare dedicato e, quindi, alla creazione di ruoli universitari (ricercatori e professori) e di insegnamenti specifici nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e nei percorsi post-lauream”.

“Appare emblematica a tal proposito la volontà delle Regioni che già nel maggio del 2016 avevano avanzato la proposta di adozione di un percorso specialistico per la formazione specifica di medicina generale ad opera della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, non a caso a partire dalla SSMCCP. Riguardo lo strumento emendamentario, siamo chiaramente consapevoli dei suoi limiti, ma di fatto ha rappresentato negli anni e rappresenta tuttora l’unico modo per riformare il sistema di riferimento della formazione dei Mmg e quindi per superare quell’ostacolo caratterizzato dal conservatorismo che, impedendo una riforma, sta sminuendo lentamente il valore della Medicina Generale”.

“E’ comprensibile che un cambiamento possa generare timori e dubbi, ma troviamo fuorviante alimentarli in mancanza di elementi oggettivi e senza considerare tutti i risvolti positivi di una riforma radicale della formazione in Medicina Generale. Ci chiediamo, dunque, se opporsi al cambiamento non comporti l’aggravamento dei danni causati alla medicina generale italiana dall’immobilismo quasi trentennale del quale è vittima. Consapevoli della possibilità che una volontà politica chiara e forte agisca concretamente verso una radicale riforma dell’assistenza territoriale, chiediamo al governo e alle forze politiche parlamentari di recuperare lo spirito rinnovatore che ha animato la proposizione di questi emendamenti aprendo così una strada che possa dare ad una nuova categoria di medici di medicina generale una formazione di alta qualità che crei professionisti della salute in grado di rispondere ai rinnovati bisogni di salute della popolazione e di contribuire alla sostenibilità del Ssn”, concludono Aim, Sigm e Smi.

Una Scuola della medicina generale allinea l’Italia al resto d’Europa

Alcuni emendamenti presentati alla Camera dei Deputati in seno alla Legge di conversione del DL 19 maggio 2020, n. 34, hanno acceso un pubblico dibattito. Ci riferiamo, in particolare, agli emendamenti 5.5, 5.6 a firma dell’On. Lapia, che mirano ad istituire un percorso di formazione specialistica per la medicina generale, allineando l‘Italia al resto d’Europa.
L’emendamento prevede che la Scuola di specializzazione in Medicina delle Comunità e Cure Primarie (SSMCCP), della durata di 4 anni e già attiva in 5 sedi universitarie, venga ridenominata in Scuola di specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e Cure Primarie (SSMGCCP) e riconosciuta quale formazione specifica di medicina generale (FSMG), consentendo ai futuri diplomati specialisti di poter esercitare anche la professione di medico di medicina generale (MMG).
Tali emendamenti non configurano in alcun modo una sanatoria, come erroneamente asserito da alcune voci ipercritiche, ma poco informate, in quanto la SSMCCP rimarrebbe l’unico percorso di formazione specialistica in possesso dei requisiti minimi previsti dalla Direttiva 2005/36/CE, Art. 28, comma 3, attestanti una FSMG. Ne consegue che non vi potranno essere delle equipollenze con altre discipline specialistiche, ma l’accesso al ruolo di MMG sarà garantito esclusivamente a quanti in possesso di un diploma regionale di FSMG e di un diploma di formazione specialistica in MGCCP e MCCP.

Infatti, come è già noto agli addetti ai lavori, la SSMCCP sin dalle origini si prefigge l’obiettivo di formare “medici specialisti nel settore professionale della medicina di famiglia e di comunità (DM MURST 3 luglio 1996) con compiti clinico-gestionali e di coordinamento della rete delle cure primarie”. La SMCCP è, pertanto, l’unica Specializzazione universitaria che forma medici specialisti nelle Cure Primarie/Assistenza Sanitaria Primaria, termini utilizzati nel nostro Paese per indicare la Primary Health Care (PHC), nell’accezione sostenuta dal WHO (DIM 4 febbraio 2015). All’interno di una rete formativa integrata Università-SSN, gli specializzandi acquisiscono le competenze previste frequentando gli ambulatori territoriali dei MMG e dei pediatri di libera scelta, nonché centri di cure primarie, Hospice, ospedali di comunità (laddove esistenti), ecc. Lo specialista acquisisce anche specifiche competenze ed esperienze negli interventi di promozione della salute e prevenzione, e un approccio comunitario alle malattie (acute e croniche) e di presa in carico globale in tutte le fasi della malattia comprese le terminali.

Il valore aggiunto di un percorso specialistico di MGCCP è rappresentato, dunque, dall’esercitare la medicina generale con un ampliato bagaglio culturale e di competenze, che include anche l’orientamento alla comunità, l’esercizio delle cure palliative (possibilità al momento preclusa a chi è in possesso del solo diploma di FSMG), nonché l’accesso all’organizzazione dei servizi sanitari di base.
La contaminazione tra università e territorio, inoltre, favorirebbe lo sviluppo di ricerca pubblica in ambito di medicina generale e cure primarie, aprendo la strada alla codifica di un settore scientifico disciplinare dedicato e, quindi, alla creazione di ruoli universitari (ricercatori e professori) e di insegnamenti specifici nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e nei corsi post-lauream.

Sono stati vari, in passato, i tentativi di riformare il sistema di riferimento per la formazione dei MMG. Nel maggio del 2016, era stata avanzata la proposta di adozione di un percorso specialistico per la formazione specifica di medicina generale ad opera della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, non a caso a partire dalla SSMCCP.
Questo nell’ottica di perseguire la qualità formativa in relazione alle competenze che sono richieste per soddisfare il bisogno di salute della popolazione. E la recente pandemia da COVID ha confermato, laddove ve ne fosse bisogno, la necessità di una evoluzione dell’assistenza territoriale, attraverso la creazione di equipe multidisciplinari e multiprofessionali ed una maggiore integrazione dei servizi territoriali ed il coinvolgimento delle comunità. Siffatto percorso garantirebbe maggiore appropriatezza delle cure e, quindi, un’ottimizzazione delle risorse assegnate alle cure primarie ed all’assistenza territoriale.
In relazione al fabbisogno quantitativo di medici di medicina generale gli effetti sarebbero altrettanto positivi, non solo perché gli emendamenti proposti non incidono in alcuno modo sui corsi regionali di FSMG e sulle risorse ad essi assegnati, ma anche perché all’interno del capitolo della formazione specialistica – cui saranno assegnati ulteriori 800 contratti di formazione specialistica al fine di sostenere le rinnovate scuole di MGCCP – sarà possibile in futuro prevedere una riassegnazione di parte delle risorse, in atto destinate alle tipologie di scuole a vocazione ospedaliera, a favore della formazione degli specialisti del territorio. Complessivamente, dunque, il settore della formazione specifica di medicina generale registrerebbe un sensibile incremento degli investimenti ad esso destinati!

In conclusione, siamo convinti che tali innovazioni potranno garantire al nostro SSN le competenze necessarie ad affrontare, in modo efficace e sostenibile, le sfide che la modernità pone ai sistemi di welfare e ai sistemi sanitari. A tal fine, auspichiamo che questo emendamento possa dare il via ad una riforma strutturale della formazione medica pre e post lauream. In questo contesto, una valida base di partenza può essere rappresentata dal Disegno di Legge a firma della Senatrice Maria Domenica Castellone, componente della Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica.

* Responsabile nazionale cure primarie AIM
** Membro e sostenitore campagna “2018 Primary Health Care: Now or Never”

 

È venuto il momento di istituire la formazione specialistica di Medicina Generale e Cure Primarie

apprendiamo con soddisfazione dell’aggiornamento della Legge n. 38 del 2010, nella parte che prevede l’inserimento dei medici specialisti in Medicina di Comunità e Cure Primarie (MCCP) tra le figure professionali in possesso di “specifiche competenze nel campo delle cure palliative e terapia del dolore”, in ossequio ad un emendamento (art.25 del milleproroghe) approvato in seno alla legge LEGGE 28 febbraio 2020, n. 8 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (GU n.51 del 29-2-2020 – Suppl. Ordinario n. 10) su iniziativa della Senatrice Maria Domenica Castellone, e delle Deputate Fabiola Bologna e Francesca Troiano. Tale emendamento ha recepito una delle proposte dell’Associazione Italiana Medici (AIM) sul tema della presa in carico globale delle persone affette da cronicità. Nel particolare, è stata sanata la lacuna che impediva ai medici specialisti in Medicina di Comunità e Cure in Primarie (MCCP) di operare in qualità di medici palliativisti, nonostante tali competenze fossero espressamente indicate ed impartite nel percorso formativo dello specialista (D.I.M. Salute-MIUR del 4 Febbraio 2015, n.68). La specializzazione in MCCP forma specialisti nell’area delle Cure Primarie con competenze cliniche e competenze gestionali (governo clinico e organizzazione dei servizi), in linea con i documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per gli aspetti culturali (salute multidimensionale, integrazione socio-sanitaria, attività in team, coordinamento) e metodologici (approccio bio-psico-sociale, stesura di piani assistenziali integrati), senza tralasciare l’acquisizione di skills fondamentali, così come indicate dal World Organization of National Colleges, Academies and Academic Associations of General Practitioners/Family Physicians (WONCA). Il punto di forza di questo percorso professionalizzante risiede nella formazione a reti integrate tra Università e Servizio Sanitario Regionale, che consentono al medico di formarsi sia nei reparti ospedalieri di medicina e nelle specialità mediche in generale, che nelle strutture delle cure primarie ed intermedie, laddove esistenti, nonché negli studi dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera Scelta. Dal «core curriculum» acquisito nel percorso formativo si delinea, dunque, un profilo di medico specialista in cure primarie in grado di realizzare attività cliniche e di governo clinico che vanno dalla promozione della salute e prevenzione individuale e di comunità, nonché alla diagnosi e cura di urgenze territoriali, di malattie acute e croniche e cure palliative, alla gestione di servizi, unità operative di cure primarie e dei Distretti. Sono competenze indispensabili per dare una risposta integrata e unitaria al crescente bisogno di salute della popolazione italiana sempre più anziana e meno autosufficiente.

Tale percorso specialistico è ormai attivo, sin dal 2000, ma sono emerse resistenze culturali e sindacali che ne hanno ostacolato un pieno sviluppo. Di conseguenza, non si è investito a sufficienza su tale percorso accademico orientato all’area delle cure primarie, erogando pochi contratti di formazione specialistica (solo 12 contratti ministeriali per 4 scuole nell’a.a.2019-2020).

A seguito della recente emergenza legata alla pandemia da SARS-CoV-2, sono state attivate tutte le possibili risorse di cura e assistenza ospedaliere e territoriali, ricorrendo anche ai medici specializzandi delle Scuole di Specializzazione in MCCP.

L’inserimento dei medici specializzati in Medicina di Comunità e Cure Primarie tra le figure professionali con specifiche competenze nel campo delle cure palliative e terapia del dolore rappresenta un primo importante passo di riconoscimento accademico di un percorso formativo innovativo e utile al SSN. Si rimane in attesa dell’ulteriore passo che prevede l’aggiornamento delle tabelle ministeriali per l’equipollenza delle discipline.

Nel ringraziare quanti si sono spesi per conseguire questo obiettivo, rivolgiamo un appello al Governo ed al Parlamento affinché, anche alla luce delle criticità emerse nel corso dell’epidemia da SARS-CoV-2, intervengano per rendere capillare e diffusa la presenza di questo percorso formativo su tutto il territorio nazionale, destinando adeguate risorse e riconducendo la Specializzazione in MCCP alla fattispecie della formazione specifica per l’esercizio della professione di Medico di Medicina Generale, aprendo la strada anche al rapporto di dipendenza, ovvero promuovendo la convergenza tra i due percorsi formativi in un’unica Scuola di specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e di Cure primarie. Non si può fare a meno di ricordare, infatti, come in tutta Europa la formazione specifica di medicina generale sia incardinata in un percorso specialistico.

Fabio Pignatti

Coordinatore Nazionale Cure Primarie AIM

Posizione dell’AIM sulle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale ENPAM

E’ stato fissato per il 17 aprile 2020, alle ore 12:00, il termine ultimo per la presentazione delle liste per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale dell’Ente previdenziale dei Medici ed Odontoiatri italiani (Fondazione ENPAM). Nel pieno di una pandemia, per la quale si registra un drammatico bilancio di morti, anche tra gli operatori sanitari, e con il rischio di recessione alle porte e una crisi sociale che potrebbe portare a drammatici scenari, i vertici dell’ENPAM, dopo aver messo a punto una campagna di supporto economico per i libero professionisti danneggiati dalla pandemia, chiamano al voto i propri iscritti per il rinnovo del mandato quinquennale dell’Assemblea Nazionale. Una scelta che sarebbe stata dettata da un presunto diniego al posticipo delle elezioni, ad opera del Ministero del Lavoro, poiché non conforme alle vigenti norme statutarie e regolamentari, ma che sarebbe stato possibile operare qualora ci fosse stata la reale volontà di modificare le norme interne che disciplinano l’Ente, introducendo la fattispecie della catastrofe sanitaria. Di contro, però, si ricorda come gli organi statutari dell’Ente, non più tardi di 5 anni fa, non hanno avuto tentennamento alcuno nell’introdurre delle “forzature” statutarie che garantiscono il mantenimento di assetti ed equilibri appannaggio di una oligarchia professionale parasindacale (posta a capo della gestione di circa 21 miliardi di euro di patrimonio). Si fa riferimento, ad esempio, ad una durata del mandato pari a ben 5 anni, nonché alle storture di un sistema elettorale, basato su un modello maggioritario spinto, che favorisce la formazione di cartelli elettorali e la spartizione a tavolino dei seggi e delle cariche, non garantendo la voce delle minoranze o, forse meglio sarebbe dire, della maggioranza silente, ma non organizzata, dei contribuenti.

Non si intende giudicare quanti, in questi e nei prossimi giorni, si prodighino nella raccolta (on-line) delle firme di sostegno alle liste elettorali, ma certamente destano fortissime perplessità sia la posizione della dirigenza uscente della Fondazione, sia il silenzio complice sul tema della Federazione Nazionale degli OMCeO e dei principali sindacati di categoria, questi ultimi maggiori “azionisti” delle cariche in ENPAM. Peraltro, tanto la FNOCeO quanto i sindacati maggioritari si sono guardati bene dal prendere posizione circa i compensi “stellari” percepiti dai componenti del Consiglio di Amministrazione della Fondazione.

Parimenti, non si può fare a meno di rilevare come il Ministero della Salute continui ad essere inadempiente in riferimento alla mancata emanazione tramite decreto di alcune parti della Legge 3 del 2018 (Legge Lorenzin), che ha riformato gli Ordini Professionali Sanitari. Per contro, negli scorsi mesi, sono stati esperiti almeno due tentativi in sede Legislativa (uno di questi, addirittura, in seno ad un dispositivo di legge relativo all’emergenza COVID-19) di introdurre una deroga al limite dei due mandati consecutivi per i vertici degli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri, che potrebbe essere eluso laddove il Ministero non provveda per tempo a regolamentare tale fattispecie. È lecito ipotizzare che, non avendo trovato sponda in Parlamento, “i soliti noti” confidino silla complicità dei vertici del Ministero della Salute, che, questa volta, grazie all’emergenza COVID-19, potrebbero giustificare un “salvifico” ritardo nell’aggiornamento tempestivo dei predetti regolamenti, tale da vanificare le poche innovazioni introdotte dalla riforma e, tra queste, il principio di “non cristallizzazione delle posizioni di potere”, peraltro recentemente ribadito in tema di Ordini professionali da parte della Corte Costituzionale.

Il riferimento agli Ordini Provinciali dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri non è casuale quando si parla di ENPAM, poichè gli Ordini sono strettamente connessi alla governace di questo Ente previdenziale: i Presidenti degli OMCeO Provinciali, o loro delegati, compongono la maggioranza dell’Assemblea ENPAM chiamata ad eleggere i Consiglieri di Amministrazione ed il Presidente dell’Ente.

In piena emergenza pandemica, da più parti, si riflette sui punti di debolezza della sanità italiana ed emerge la necessità di rivisitare profondamente l’assetto istituzionale ed organizzativo del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Sempre che questa volontà di cambiamento sia reale e non sia annunciata per ragioni di facciata, è lecito porsi alcuni interrogativi: quanto credibili potranno essere considerati, quali interlocutori delle istituzioni, i medesimi rappresentanti della Professione medica che sono stati co-protagonisti delle scelte sbagliate del passato e che pretendono di mantenere posizioni di vertice per altri lustri? E quanto credibili potranno essere considerate le Istituzioni che non hanno il coraggio di applicare le norme approvate dal Parlamento e che scendono a compromessi con le lobbie professionali?

Pertanto, al fine di preservare la credibilità della Istituzione ordinistica e dell’ENPAM si chiede:

1) che l’ENPAM disponga l’immediato rinvio delle procedure elettorali per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale dell’ENPAM, procedendo da subito ad una revisione dello Statuto della Fondazione, superando le attuali storture e forzature e favorendo i processi partecipativi e democratici;

2) al Ministero della Salute di completare tempestivamente e senza deroghe l’iter applicativo della Legge 3 del 2018 (Legge Lorenzin sulla riforma degli Ordini professionali sanitari).

Appello di AIM a Governo e Parlamento: si dispongano misure di sostegno mirate per le coppie di operatori sanitari al fine di garantire adeguata assistenza e sicurezza ai figli minori di anni 12.

La vita di medici, infermieri e in generale di tutti gli operatori sanitari in era di pandemia da Sars-CoV-2 può risultare proibitiva, non solo per il grande impegno profuso sul campo con abnegazione, ma anche per la gestione quotidiana extra-lavorativa. Questa difficoltà è ancora più sentita nei casi in cui entrambi i coniugi operano nel settore della sanità e salute o in caso di famiglie monogenitoriali, che hanno in carico figli minorenni.

Già in tempi di “normalità”, la gestione dei nuclei familiari così composti può risultare complessa per onorare i turni di notte e le reperibilità. In corso di pandemia, con la necessaria chiusura delle scuole e la doverosa tutela nei confronti dei nonni e dei parenti anziani, siffatte situazioni sono diventate in alcuni casi ingestibili.

Il Governo ha già previsto la possibilità per i lavoratori di usufruire di 15 giorni al 50% di congedo o di un bonus per la baby-sitter. Quest’ultima opportunità non risulta di semplice attuazione, essendo in primis difficile trovare una babysitter in maniera repentina e soprattutto disposta a lavorare a casa di chi, ogni giorno è a rischio di contagio.

Per non parlare di chi ha il grave problema di porsi in isolamento a domicilio, esponendo la prole ad un elevato rischio di trasmissione del virus.

Pertanto, l’Associazione Italiana Medici (AIM) rivolge un appello affinché il Parlamento, in sede di conversione del primo provvedimento governativo utile, recepisca la seguente proposta a tutela degli operatori sanitari tra loro coniugi o coppie di fatto: “Per tutta la durata dello stato di emergenza pandemica, le aziende sanitarie ed i datori di lavoro dei servizi essenziali socio-sanitari verificano la presenza di lavoratori (medici, infermieri, farmacisti, biologi, tecnici sanitari, ed ogni altra tipologia di operatore sanitario) coniugati o conviventi con operatori sanitari, il cui contestuale impegno lavorativo possa essere incompatibile con la gestione ed assistenza dei figli minori. A tal fine, i datori di lavoro adottano ogni iniziativa utile ad assicurare la presenza di uno dei due genitori per l’assistenza dei figli minori, nonché la protezione del minore nel caso in cui un genitore si trovasse in isolamento presso altro domicilio. Nel particolare, si provvede a

1- assicurare una compatibilità nell’alternanza dei turni lavorativi, considerando anche lo spostamento dalla residenza al lavoro e viceversa;

2- concedere il congedo su base volontaria fino a 15 giorni con retribuzione al 100% per uno dei due genitori (o diviso tra i due genitori), nonché, in caso di richiesta per necessità relative alla assistenza di figli minori di anni 12, di concedere ulteriore congedo illimitato con retribuzione non inferiore al 50%;

3- garantire, in caso di un genitore posto in isolamento, una adeguata e dignitosa ospitalità abitativa o comunque il sostegno necessario.