Specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e Cure Primarie: una risposta necessaria per affrontare le sfide del Servizio Sanitario Nazionale

L’emendamento 19.18, a firma dei Senatori Castellone, Granato, Angrisani, De Lucia, Russo, Vanin, Laniece, Verducci, presentato al Senato in rappresentanza dei gruppi Parlamentari di maggioranza in seno alla Legge di conversione del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante “misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, propone di istituire un percorso universitario di formazione specialistica anche per la medicina generale. Questo nuovo percorso si affiancherebbe ai corsi triennali di formazione specifica di medicina generale erogati dalle Regioni, che, a differenza dei corsi di specializzazione, non posseggono un vero e proprio core curriculum nazionale e non sono soggetti ad un sistema di accreditamento e di miglioramento continuo della qualità. Il nuovo percorso formativo-professionalizzante, oltre ad essere caratterizzato da un ordinamento didattico omogeneo e standardizzato, peraltro in sintonia coi principi della Primary Health Care (PHC) della World Health Organization, consentirebbe di allineare l’Italia al resto d’Europa; infatti, il nostro Paese, allo stato attuale, è l’unico a non prevedere una formazione specialistica per poter svolgere il ruolo di medico di famiglia anche a causa del mancato pieno recepimento delle direttive Comunitarie.

L’emendamento prevede che il corso di specializzazione in Medicina delle Comunità e Cure Primarie (SSMCCP), della durata di 4 anni e già attivo in 5 sedi universitarie (Padova, Modena, Bologna, Bari e Napoli), venga riordinato e ridenominato in Scuola di specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e Cure Primarie (SSMGCCP), nonché sia riconosciuto quale formazione specifica di medicina generale (FSMG), consentendo ai futuri diplomati specialisti di poter esercitare anche la professione di medico di medicina generale (MMG). Tali scuole di specializzazione, che documentano un percorso formativo qualificante, ben strutturato ed articolato in reti formative integrate tra università, territorio (con in prima linea i medicina di medicina generale) ed ospedale, sono già oggi in possesso di tutti i requisiti previsti dalla normativa europea, ma il titolo da esse rilasciato ai medici che le frequentano non consente loro, inspiegabilmente, di esercitare la Medicina Generale. Infatti, la SSMCCP, sin dalle origini, ha l’obiettivo di formare “medici specialisti nel settore professionale della medicina di famiglia e di comunità (DM MURST 3 luglio 1996) con compiti clinici e di coordinamento della rete delle cure primarie”. La SMCCP è, pertanto, l’unica Specializzazione universitaria che forma medici specialisti nelle Cure Primarie/Assistenza Sanitaria Primaria (DIM 4 febbraio 2015, n.68). Gli specializzandi iscritti a tale scuola acquisiscono le competenze previste frequentando gli ambulatori territoriali dei MMG e dei pediatri di libera scelta, nonché i centri di cure primarie, gli Hospice, gli Ospedali di comunità (laddove esistenti), ecc. Lo specialista acquisisce anche specifiche competenze ed esperienze negli interventi di promozione della salute e prevenzione, e viene addestrato a un approccio comunitario alle malattie (acute e croniche) e di presa in carico globale in tutte le fasi della malattia, comprese le fasi terminali. Per inciso, è notizia degli ultimi giorni che il Ministero della Salute, in ossequio ad una previsione di legge, a mezzo di un apposito decreto abbia inserito la scuola di specializzazione in Medicina di comunità e delle cure primarie tra le scuole equipollenti alla disciplina di Cure palliative. E, coerentemente, il Ministero della Salute ha incrementato la dotazione dei contratti di formazione specialistica da destinare su base nazionale a tale percorso formativo.

Il valore aggiunto di un percorso specialistico di MGCCP è rappresentato, dunque, dall’esercitare la medicina generale con un ampliato bagaglio culturale e di competenze, che include anche l’orientamento alla comunità, l’esercizio delle cure palliative (possibilità al momento preclusa a chi è in possesso del solo diploma di FSMG), nonché l’accesso all’organizzazione dei servizi sanitari di base. In sintesi, il fine è quello di formare degli specialisti del territorio pronti per affrontare le sfide del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) rappresentate dai mutati scenari di salute, dal maggior impatto delle cronicità, dalla appropriatezza delle cure, e dalle incombenze poste dalla corrente pandemia, che richiede risposte organizzate ed integrate a livello di comunità.

E’ bene sottolineare, altresì, che sulla base di queste solide basi culturali e formative, l’emendamento a firma Castellone ed al. si prefigge di identificare la SSMCCP quale unico percorso di formazione specialistica equiparato alla formazione specifica di medicina generale, poiché in possesso dei requisiti minimi previsti dalla Direttiva 2005/36/CE (Art. 28, comma 3). Conseguentemente, non vi

potranno essere delle equipollenze con altre discipline specialistiche, ma l’accesso al ruolo di MMG sarà garantito esclusivamente a quanti in possesso di un diploma regionale di FSMG, che potrà comunque continuare ad essere conseguito attraverso la frequenza dei corsi regionali, nonché ai nuovi specialisti in Medicina Generale, di Comunità e delle Cure Primarie.

Inoltre, l’estensione delle finalità dell’emendamento anche al centinaio di medici già in possesso del diploma di formazione specialistica in MGCCP e MCCP non configura in alcun modo una sanatoria, in quanto si tratta di medici che hanno partecipato ad un concorso a graduatoria nazionale, risultando vincitori, e che posseggono un diploma di specializzazione che conferisce loro un indiscutibile bagaglio culturale e formativo ai fini dell’esercizio della medicina generale.

Ed ancora, gli aspetti qualificanti di siffatta iniziativa Parlamentare hanno potenzialità di più grande impatto per il SSN. L’interscambio culturale tra università e territorio, infatti, favorirebbe lo sviluppo di una osmosi culturale tra ospedale e territorio e l’adozione di un approccio di sistema, superando la logica delle parti e dei silos, nonché creando i presupposti per svolgere attività di ricerca nell’ambito di medicina generale e cure primarie, aprendo la strada alla codifica di un settore scientifico disciplinare dedicato e, quindi, alla creazione di ruoli universitari (ricercatori e professori), nonchè di insegnamenti specifici nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e nei corsi post-lauream. Inoltre, questo percorso consentirebbe ai futuri specialisti in Medicina Generale in possesso delle necessarie competenze di accedere alla direzione delle unità operative di cure primarie, coniugando il ruolo assistenziale a quello organizzativo. Non sfuggono, in ultimo, le ricadute positive connesse alla titolarità di un contratto di formazione specialistica, e delle relative tutele, per i giovani medici che intraprenderanno questo percorso formativo in alternativa ai corsi di formazione regionale ed alle collegate borse di studio.

In conclusione, per quanto prima richiamato ed argomentato, non si può fare a meno di appoggiare con forza questa proposta innovatrice, confidando che la Politica non ceda, ancora una volta, alle resistenze di quanti si oppongono ad una necessaria evoluzione della medicina generale nel nostro Paese per favorire il permanere dello status quo.

Dott. Pignatti Fabio

Dirigente Medico Organ. Servizi San. di Base

Responsabile nazionale Cure Primarie AIM

 

Dott. Giorgio Sessa

Medico di Medicina Generale

Membro e sostenitore campagna “2018 Primary Health Care: Now or Never”

 

Annalisa Napoli

Medico di Medicina Generale e Continuità Assistenziale Segretario Nazionale SIGM

Aim, Sigm e Smi: “Non si perda occasione per istituire un percorso di formazione specialistica per la medicina generale”

“Gli emendamenti che sembrava potessero essere un punto di partenza per l’istituzione di un percorso di formazione specialistica per la medicina generale, allineando l‘Italia al resto d’Europa, dopo una serie di numerosi passaggi parlamentari positivi, sono stati ritirati. E’ possibile che la paura del cambiamento e i dubbi che ne derivano non consentano di vedere tutti gli aspetti positivi che tale provvedimento avrebbe?”. Così in una nota congiunta commentano i lavori in Commissione Bilancio.

“In questi giorni gli emendamenti 5.5 e 5.6, a firma dell’On. Lapia presentati alla Camera dei Deputati in seno alla Legge di conversione del DL 19 maggio 2020, n. 34, hanno riportato al centro del dibattito la formazione dei medici di medicina generale. Tuttavia, gli emendamenti che sembrava potessero essere un punto di partenza per l’istituzione di un percorso di formazione specialistica per la medicina generale, allineando l‘Italia al resto d’Europa, dopo una serie di numerosi passaggi parlamentari positivi, sono stati ritirati. Difficile comprendere le note di gaudio e i toni espressi da alcune realtà associative dopo questa notizia, che invece avrebbe dovuto suscitare delusione e amarezza. E’ possibile che la paura del cambiamento e i dubbi che ne derivano non consentano di vedere tutti gli aspetti positivi che tale provvedimento avrebbe?”.

Così Aim, Sigm e Smi si appellano al Parlamento affinché non vadano perse le proposte contenute nei due emendamenti a prima firma Lapia (M5S) respinti durante la seduta dello scorso martedì in Commissione Bilancio alla Camera.

“Ciò che davvero dovrebbe generare timori non è questo cambiamento ipotizzato, ma l’evidenza che la professione del Mmg in Italia è arretrata nei confronti degli altri paesi EU, e che senza un tempestivo upgrade attraverso una nuova formazione, la professione del Mmg rimarrà obsoleta e sarà destinata ad auto-estinguersi”.

“La recente pandemia Covid-19 è stata a tutti gli effetti un acceleratore di cambiamenti, confermando la necessità di una evoluzione dell’assistenza territoriale attraverso la creazione di equipe multidisciplinari e multiprofessionali ed una maggiore integrazione dei servizi territoriali ed il coinvolgimento delle comunità. La proposta della Scuola di Specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e Cure Primarie (SSMGCCP), e quindi dell’evoluzione della formazione specifica in medicina generale, andrebbe in questa direzione, avvicinando finalmente la Medicina Generale a tutti gli altri attori delle Cure Primarie”, spiegano in una nota congiunta.

“Infatti la Specializzazione in Medicina di Comunità e Cure Primarie (SSMCCP), da cui nascerebbe la SSMGCCP, sin dalle origini si prefigge l’obiettivo di formare ‘medici specialisti nel settore professionale della medicina di famiglia e di comunità (DM MURST 3 luglio 1996) con compiti clinico-gestionali e di coordinamento della rete delle cure primarie’. La SSMCCP è, pertanto, l’unica Specializzazione universitaria che forma medici specialisti nelle Cure Primarie/Assistenza Sanitaria Primaria, termini utilizzati nel nostro Paese per indicare la Primary Health Care (PHC), nell’accezione sostenuta dal WHO (DIM 4 febbraio 2015)”.

“All’interno di una rete formativa integrata Università-Ssn – prosegue la nota – gli specializzandi acquisiscono le competenze previste frequentando gli ambulatori territoriali dei MMG e dei pediatri di libera scelta, nonché centri di cure primarie, Hospice, ospedali di comunità (laddove esistenti), ecc. Non si tratterebbe dunque di una sanatoria, come erroneamente interpretato da alcune voci, bensì del riconoscimento di un diritto, in quanto la Scuola di Specializzazione in Medicina di Comunità e Cure Primarie è l’unico percorso di formazione specialistica ad avere i requisiti minimi previsti dalla Direttiva 2005/36/CE, Art. 28, comma 3, attestanti una FSMG. Ne consegue che non vi potranno essere equipollenze con altre discipline specialistiche, ma l’accesso al ruolo di MMG verrebbe garantito esclusivamente a quanti in possesso di un diploma regionale di FSMG e di un diploma di formazione specialistica in MCCP”.

“Il valore aggiunto di un percorso specialistico di MGCCP sarebbe rappresentato, dunque – spiegano Aim, Sigm e Smi – dall’esercitare la medicina generale con un più ampio bagaglio culturale e di competenze, che include anche l’orientamento alla comunità, la possibilità di esercitare come medico palliativista, che è al momento preclusa a chi è in possesso del solo diploma di FSMG, nonché l’accesso all’organizzazione dei servizi sanitari di base. L’integrazione tra università e territorio, inoltre, favorirebbe lo sviluppo di ricerche scientifiche pubbliche nell’ambito della medicina generale e delle cure primarie, aprendo la strada alla codifica di un Settore Scientifico Disciplinare dedicato e, quindi, alla creazione di ruoli universitari (ricercatori e professori) e di insegnamenti specifici nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e nei percorsi post-lauream”.

“Appare emblematica a tal proposito la volontà delle Regioni che già nel maggio del 2016 avevano avanzato la proposta di adozione di un percorso specialistico per la formazione specifica di medicina generale ad opera della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, non a caso a partire dalla SSMCCP. Riguardo lo strumento emendamentario, siamo chiaramente consapevoli dei suoi limiti, ma di fatto ha rappresentato negli anni e rappresenta tuttora l’unico modo per riformare il sistema di riferimento della formazione dei Mmg e quindi per superare quell’ostacolo caratterizzato dal conservatorismo che, impedendo una riforma, sta sminuendo lentamente il valore della Medicina Generale”.

“E’ comprensibile che un cambiamento possa generare timori e dubbi, ma troviamo fuorviante alimentarli in mancanza di elementi oggettivi e senza considerare tutti i risvolti positivi di una riforma radicale della formazione in Medicina Generale. Ci chiediamo, dunque, se opporsi al cambiamento non comporti l’aggravamento dei danni causati alla medicina generale italiana dall’immobilismo quasi trentennale del quale è vittima. Consapevoli della possibilità che una volontà politica chiara e forte agisca concretamente verso una radicale riforma dell’assistenza territoriale, chiediamo al governo e alle forze politiche parlamentari di recuperare lo spirito rinnovatore che ha animato la proposizione di questi emendamenti aprendo così una strada che possa dare ad una nuova categoria di medici di medicina generale una formazione di alta qualità che crei professionisti della salute in grado di rispondere ai rinnovati bisogni di salute della popolazione e di contribuire alla sostenibilità del Ssn”, concludono Aim, Sigm e Smi.

Una Scuola della medicina generale allinea l’Italia al resto d’Europa

Alcuni emendamenti presentati alla Camera dei Deputati in seno alla Legge di conversione del DL 19 maggio 2020, n. 34, hanno acceso un pubblico dibattito. Ci riferiamo, in particolare, agli emendamenti 5.5, 5.6 a firma dell’On. Lapia, che mirano ad istituire un percorso di formazione specialistica per la medicina generale, allineando l‘Italia al resto d’Europa.
L’emendamento prevede che la Scuola di specializzazione in Medicina delle Comunità e Cure Primarie (SSMCCP), della durata di 4 anni e già attiva in 5 sedi universitarie, venga ridenominata in Scuola di specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e Cure Primarie (SSMGCCP) e riconosciuta quale formazione specifica di medicina generale (FSMG), consentendo ai futuri diplomati specialisti di poter esercitare anche la professione di medico di medicina generale (MMG).
Tali emendamenti non configurano in alcun modo una sanatoria, come erroneamente asserito da alcune voci ipercritiche, ma poco informate, in quanto la SSMCCP rimarrebbe l’unico percorso di formazione specialistica in possesso dei requisiti minimi previsti dalla Direttiva 2005/36/CE, Art. 28, comma 3, attestanti una FSMG. Ne consegue che non vi potranno essere delle equipollenze con altre discipline specialistiche, ma l’accesso al ruolo di MMG sarà garantito esclusivamente a quanti in possesso di un diploma regionale di FSMG e di un diploma di formazione specialistica in MGCCP e MCCP.

Infatti, come è già noto agli addetti ai lavori, la SSMCCP sin dalle origini si prefigge l’obiettivo di formare “medici specialisti nel settore professionale della medicina di famiglia e di comunità (DM MURST 3 luglio 1996) con compiti clinico-gestionali e di coordinamento della rete delle cure primarie”. La SMCCP è, pertanto, l’unica Specializzazione universitaria che forma medici specialisti nelle Cure Primarie/Assistenza Sanitaria Primaria, termini utilizzati nel nostro Paese per indicare la Primary Health Care (PHC), nell’accezione sostenuta dal WHO (DIM 4 febbraio 2015). All’interno di una rete formativa integrata Università-SSN, gli specializzandi acquisiscono le competenze previste frequentando gli ambulatori territoriali dei MMG e dei pediatri di libera scelta, nonché centri di cure primarie, Hospice, ospedali di comunità (laddove esistenti), ecc. Lo specialista acquisisce anche specifiche competenze ed esperienze negli interventi di promozione della salute e prevenzione, e un approccio comunitario alle malattie (acute e croniche) e di presa in carico globale in tutte le fasi della malattia comprese le terminali.

Il valore aggiunto di un percorso specialistico di MGCCP è rappresentato, dunque, dall’esercitare la medicina generale con un ampliato bagaglio culturale e di competenze, che include anche l’orientamento alla comunità, l’esercizio delle cure palliative (possibilità al momento preclusa a chi è in possesso del solo diploma di FSMG), nonché l’accesso all’organizzazione dei servizi sanitari di base.
La contaminazione tra università e territorio, inoltre, favorirebbe lo sviluppo di ricerca pubblica in ambito di medicina generale e cure primarie, aprendo la strada alla codifica di un settore scientifico disciplinare dedicato e, quindi, alla creazione di ruoli universitari (ricercatori e professori) e di insegnamenti specifici nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e nei corsi post-lauream.

Sono stati vari, in passato, i tentativi di riformare il sistema di riferimento per la formazione dei MMG. Nel maggio del 2016, era stata avanzata la proposta di adozione di un percorso specialistico per la formazione specifica di medicina generale ad opera della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, non a caso a partire dalla SSMCCP.
Questo nell’ottica di perseguire la qualità formativa in relazione alle competenze che sono richieste per soddisfare il bisogno di salute della popolazione. E la recente pandemia da COVID ha confermato, laddove ve ne fosse bisogno, la necessità di una evoluzione dell’assistenza territoriale, attraverso la creazione di equipe multidisciplinari e multiprofessionali ed una maggiore integrazione dei servizi territoriali ed il coinvolgimento delle comunità. Siffatto percorso garantirebbe maggiore appropriatezza delle cure e, quindi, un’ottimizzazione delle risorse assegnate alle cure primarie ed all’assistenza territoriale.
In relazione al fabbisogno quantitativo di medici di medicina generale gli effetti sarebbero altrettanto positivi, non solo perché gli emendamenti proposti non incidono in alcuno modo sui corsi regionali di FSMG e sulle risorse ad essi assegnati, ma anche perché all’interno del capitolo della formazione specialistica – cui saranno assegnati ulteriori 800 contratti di formazione specialistica al fine di sostenere le rinnovate scuole di MGCCP – sarà possibile in futuro prevedere una riassegnazione di parte delle risorse, in atto destinate alle tipologie di scuole a vocazione ospedaliera, a favore della formazione degli specialisti del territorio. Complessivamente, dunque, il settore della formazione specifica di medicina generale registrerebbe un sensibile incremento degli investimenti ad esso destinati!

In conclusione, siamo convinti che tali innovazioni potranno garantire al nostro SSN le competenze necessarie ad affrontare, in modo efficace e sostenibile, le sfide che la modernità pone ai sistemi di welfare e ai sistemi sanitari. A tal fine, auspichiamo che questo emendamento possa dare il via ad una riforma strutturale della formazione medica pre e post lauream. In questo contesto, una valida base di partenza può essere rappresentata dal Disegno di Legge a firma della Senatrice Maria Domenica Castellone, componente della Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica.

* Responsabile nazionale cure primarie AIM
** Membro e sostenitore campagna “2018 Primary Health Care: Now or Never”

 

Appello di AIM a Governo e Parlamento: si dispongano misure di sostegno mirate per le coppie di operatori sanitari al fine di garantire adeguata assistenza e sicurezza ai figli minori di anni 12.

La vita di medici, infermieri e in generale di tutti gli operatori sanitari in era di pandemia da Sars-CoV-2 può risultare proibitiva, non solo per il grande impegno profuso sul campo con abnegazione, ma anche per la gestione quotidiana extra-lavorativa. Questa difficoltà è ancora più sentita nei casi in cui entrambi i coniugi operano nel settore della sanità e salute o in caso di famiglie monogenitoriali, che hanno in carico figli minorenni.

Già in tempi di “normalità”, la gestione dei nuclei familiari così composti può risultare complessa per onorare i turni di notte e le reperibilità. In corso di pandemia, con la necessaria chiusura delle scuole e la doverosa tutela nei confronti dei nonni e dei parenti anziani, siffatte situazioni sono diventate in alcuni casi ingestibili.

Il Governo ha già previsto la possibilità per i lavoratori di usufruire di 15 giorni al 50% di congedo o di un bonus per la baby-sitter. Quest’ultima opportunità non risulta di semplice attuazione, essendo in primis difficile trovare una babysitter in maniera repentina e soprattutto disposta a lavorare a casa di chi, ogni giorno è a rischio di contagio.

Per non parlare di chi ha il grave problema di porsi in isolamento a domicilio, esponendo la prole ad un elevato rischio di trasmissione del virus.

Pertanto, l’Associazione Italiana Medici (AIM) rivolge un appello affinché il Parlamento, in sede di conversione del primo provvedimento governativo utile, recepisca la seguente proposta a tutela degli operatori sanitari tra loro coniugi o coppie di fatto: “Per tutta la durata dello stato di emergenza pandemica, le aziende sanitarie ed i datori di lavoro dei servizi essenziali socio-sanitari verificano la presenza di lavoratori (medici, infermieri, farmacisti, biologi, tecnici sanitari, ed ogni altra tipologia di operatore sanitario) coniugati o conviventi con operatori sanitari, il cui contestuale impegno lavorativo possa essere incompatibile con la gestione ed assistenza dei figli minori. A tal fine, i datori di lavoro adottano ogni iniziativa utile ad assicurare la presenza di uno dei due genitori per l’assistenza dei figli minori, nonché la protezione del minore nel caso in cui un genitore si trovasse in isolamento presso altro domicilio. Nel particolare, si provvede a

1- assicurare una compatibilità nell’alternanza dei turni lavorativi, considerando anche lo spostamento dalla residenza al lavoro e viceversa;

2- concedere il congedo su base volontaria fino a 15 giorni con retribuzione al 100% per uno dei due genitori (o diviso tra i due genitori), nonché, in caso di richiesta per necessità relative alla assistenza di figli minori di anni 12, di concedere ulteriore congedo illimitato con retribuzione non inferiore al 50%;

3- garantire, in caso di un genitore posto in isolamento, una adeguata e dignitosa ospitalità abitativa o comunque il sostegno necessario.


AIM, FederSpecializzandi, SIGM e Movimento Giotto su interventi a sostegno della formazione dei giovani medici in Legge di Bilancio in merito ai contratti di formazione specialistica


Associazione Italiana Medici (AIM), FederSpecializzandi, SIGM, Movimento e Giotto 
 su interventi a sostegno della formazione dei giovani medici in Legge di Bilancio: consideriamo qualsiasi stanziamento di risorse inferiori ai 2000 contratti di formazione specialistica al di sotto delle aspettative dei giovani medici. Governo e Parlamento facciano ogni sforzo possibile per garantire il diritto alla formazione!  Risultato storico, invece, l’aver disposto il potenziamento del sistema di accreditamento delle scuole di specializzazione e l’introduzione di metodologie e strumenti per la pianificazione del fabbisogno di medici a sostegno delle Regioni e delle Università.

 

Le Associazioni FederSpecializzandiGiovani Medici (SIGM), Movimento Giotto e l’Associazione Italiana Medici (AIM) commentano le notizie circolate circa gli interventi previsti dalle modifiche approvate in Senato alla Legge di Bilancio, a seguito di una sintesi raggiunta tra le proposte del M5S e del PD.

Consideriamo qualsiasi stanziamento di risorse inferiori ai duemila contratti di formazione specialistica al di sotto delle aspettative dei giovani medici! Chiediamo, pertanto, a Governo e Parlamento di fare ogni sforzo possibile per garantire il diritto alla formazione” – affermano all’unisono le quattro Associazioni – “Non possiamo, tuttavia, mancare di sottolineare come siano stati interamente recepiti i contenuti dell’emendamento 55.0.125 a prima firma della Senatrice Maria Domenica Castellone, col quale si fa registrare una storica inversione di tendenza nelle politiche di pianificazione e programmazione in tema di formazione sanitaria post-lauream”

L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Age.Na.S.) verrà, infatti, incaricata di sviluppare ed adottare metodologie e strumenti per la definizione del fabbisogno di medici e professionisti sanitari, anche nell’ottica di consentire ai Ministeri competenti ed alle Regioni di effettuare una distribuzione dei posti da assegnare per l’accesso ai corsi di medicina e chirurgia, delle professioni sanitarie ed alle scuole di specializzazione di area sanitaria aderente alle esigenze del Servizio Sanitario Nazionale. “Con questa innovazione, finalmente, si afferma il principio che le risorse debbano essere utilizzate per interventi calibrati sui bisogni di salute della popolazione, attraverso l’individuazione delle reali carenze di medici generalisti e specialisti, nonché degli altri profili specialistici sanitari.”– continuano le Associazioni FederSpecializzandiGiovani Medici (SIGM), Movimento Giotto e l’Associazione Italiana Medici (AIM).

Quanto approvato prevede, inoltre, il potenziamento del sistema di accreditamento alla qualità delle scuole di specializzazione che, d’ora in poi, verrà esteso anche alle scuole riservate ai profili sanitari non medici con l’estensione della rappresentanza elettiva nell’Osservatorio Nazionale anche agli specializzandi non medici. L’istituzione di una tecnostruttura di supportoalleattività dell’Osservatorio Nazionale della formazione specialistica e degli analoghi Osservatori Regionali, a cui si affiancherà Age.Na.S., garantirà altresì la necessaria terzietà alle attività di monitoraggio continuo sulla sussistenza degli standard e dei requisiti richiesti alle Scuole di Specializzazione.

Tali iniziative innovative – concludono all’unisono le Associazioni – siamo convinti  possano contribuire alla sostenibilità ed aumentare la credibilità del sistema di accreditamento delle scuole di specializzazione, rendendo capillari e continue le attività di monitoraggio a supporto del miglioramento continuo della qualità della formazione dei futuri specialisti del nostro SSN, presupposto per garantire un’assistenza di elevato livello ai cittadini. Chiediamo pertanto con forza che nel prosieguo dell’iter Parlamentare le innovazioni introdotte vengano mantenute.

COMUNICATO STAMPA .AIM: registriamo l’importante passo avanti conseguito con l’approvazione del subemendamento salva precari della sanità presentato in Legge di Stabilità

AIM: registriamo l’importante passo avanti conseguito con l’approvazione del subemendamento salva precari della sanità presentato in Legge di Stabilità, ma adesso si lavori da subito per ripristinare la normalità e per salvaguardare le migliaia di professionisti che ancora versano in regime di precariato.

 

L’Associazione Italiana Medici (AIM) registra un importante passo avanti per l’approvazione del subemendamento all’emendamento alla Legge di Stabilità annunciato dal Ministro Speranza, che ha prolungato al 31 dicembre 2019 i termini per il possesso dei requisiti di stabilizzazione previsti dalla Legge Madia. <<Ringraziamo Governo e Parlamento e, in particolare, il Vice Ministro Pierpaolo Sileri e la Senatrice Maria Domenica  Castellone per avere accolto i nostri suggerimenti, che hanno consentito di ampliare la platea dei destinatari dell’intervento. Ma chiediamo che si lavori da subito per ripristinare il normale iter dei concorsi per l’accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio Sanitario Nazionale, creando i presupposti affinchè le Aziende Sanitarie siano messe nelle condizioni di bandire concorsi a tempo indeterminato, anche riservati, per l’assunzione delle migliaia di professionisti che ancora versano in regime di precariato .>> – affermano Gianluca Albanese Walter Mazzucco, a nome dell’AIM – <<Da tempo proponiamo che il Legislatore intervenga il prima possibile per porre fine alla stagione delle sanatorie in sanità e per garantire prospettive occupazionali stabili e meccanismi di selezione e progressione di carriera meritocratici e trasparenti. Ci dichiariamo disponibili al confronto per lavorare ad un percorso di riforma atto a valorizzare le competenze e le professionalità che insistono nel nostro SSN.>>

 Appello AIM a Governo e Parlamento su emendamento salva precari finanziaria 2020

 Appello AIM a Governo e Parlamento su emendamento salva precari della sanità presentato in Legge di Stabilità: si estendano i termini per il possesso dei requisiti di stabilizzazione previsti dalla Legge Madia.

L’Associazione Italiana Medici (AIM) rivolge un appello al Governo ed al Parlamento affinchè intervengano per modificare il testo dell’emendamento salva precari della sanità, presentato in Legge di Stabilità ed annunciato dal Ministro Speranza: <<Chiediamo che si estendano oltre il 30 giugno 2019 per non creare disparità di trattamento tra i medici precari, ma stabilendo una volta e per tutte un orizzonte temporale ultimativo, i termini per il possesso dei requisiti di stabilizzazione previsti dalla Legge Madia, in modo da ampliare la platea dei destinatari dell’intervento.>>
Ma le richieste dell’AIM sono di più ampio respiro: <<Chiediamo che il Legislatore intervenga il prima possibile per porre fine alla stagione delle sanatorie in sanità e per ripristinare il normale corso dei concorsi per l’accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio Sanitario Nazionale, garantendo prospettive occupazionali stabili e meccanismi di selezione e progressione di carriera meritocratici e trasparenti.>>

Esiti audizione delegazione AIM presso il Ministero Salute in tema di fabbisogno di personale medico, formazione post-lauream ed accesso ai ruoli del SSN

La sede del Ministero della Salute all’Eur, Roma
The Ministry of Health

<<L’audizione presso il Ministero della Salute ha consentito di avviare un confronto proficuo in tema di definizione del fabbisogno di risorse umane in sanità e di rivisitazione del sistema formativo e di accesso dei medici ai ruoli del SSN.>> – dichiara l’Associazione Italiana Medici (A.I.M.) – <<Abbiamo registrato l’interesse del Ministero per le nostre proposte “storiche” volte a superare le principali lacune e criticità dell’attuale sistema di definizione dei fabbisogni di medici. Abbiamo anche avanzato alcune proposte per riassorbire l’imbuto formativo e per favorire l’accesso dei giovani alla formazione post-lauream.>> – dichiara l’A.I.M.– <<Inoltre, dati alla mano, abbiamo dimostrato che non è in atto una carenza generalizzata di medici. Bensì, a seguito degli errori di programmazione commessi in passato, vi sarebbe un esubero di alcune tipologie di specialisti, che non trovano sbocchi in un servizio sanitario in evoluzione rispetto agli ultimi lustri (e che andrebbero riconfigurati rendendo meno ingessato il sistema formativo post-lauream), accompagnato da una non adeguata dotazione prospettica di medici (su tutti di medici di medicina generale) nel contesto delle cure primarie, che andrebbero progressivamente potenziate per rispondere ai mutati bisogni di salute. A ciò si aggiunga una carenza di taluni profili specialistici in alcuni ambiti dell’assistenza ospedaliera e territoriale, oltre che nel settore strategico delle emergenze-urgenze, con concorsi che vanno deserti poiché i contesti assistenziali più usuranti e/o localizzati in “periferia” non sono “attrattivi”. Abbiamo, altresì, sottolineato come la situazione sia variabile da una Regione all’altra, in funzione dei differenti assetti organizzativi, ma anche degli effetti dei Piani di rientro, piuttosto che dei ritardi nella definizione dell’iter di riorganizzazione delle reti assistenziali, ovvero in ragione della significativa presenza, in taluni contesti regionali, del privato, accreditato e non, che esercita una maggiore attrattività nei confronti di alcuni profili specialistici, al netto dell’esercizio della libera professione che per talune specialità offre opportunità non secondarie.>> – continua l’A.I.M.– <<Per quanto concerne, invece, una ipotesi di rivisitazione del sistema formativo del medico, abbiamo sottolineato come questa debba essere ispirata dall’obiettivo primario di garantire adeguati standard qualitativi di formazione e non dalle esigenze delle Regioni di colmare le lacune del sistema ricorrendo all’utilizzo di giovani professionalità a basso costo.>>– continua l’A.I.M.–  <<Se davvero vi è la volontà politica di adottare l’ennesima riforma, allora si parta dalla formazione pre-lauream, allargando le reti formative dei corsi di laurea in medicina a tutte le articolazioni dell’assistenza, ivi includendo le cure primarie, le emergenze-urgenze e la riabilitazione: chi si laurea in medicina e chirurgia non può avere quale principale aspettativa, se non unica, quella di fare lo specialista ospedaliero, meno che mai in setting ad elevata complessità. Qualsivoglia riforma, inoltre, non può continuare a mancare una profonda revisione della formazione specifica di medicina generale, ambito formativo nel quale l’Italia rappresenta la cenerentola d’Europa. Né va interrotto il percorso di accreditamento dei corsi di specializzazione, che ha già dato dei risultati importanti, ma tale sistema va perfezionato e potenziato. A tal proposito, se da una parte sono state istituzionalizzate le reti formative integrate, includendovi più di 9000 strutture del SSN, tra unità operative e servizi, dall’altra occorre garantire una adeguata rotazione degli specializzandi all’interno delle reti formative e mettere gli Osservatori Regionali nelle condizioni di esercitare il loro ruolo di monitoraggio continuo di standard, requisiti e performance.>>

In ultimo, a riguardo dell’ipotesi di “assunzione” nel SSN degli specializzandi iscritti all’ultimo anno di corso, l’A.I.M. non nasconde perplessità: <<Ci è stata prospettata come soluzione “tampone” e “temporanea”, limitatamente ad alcune specialità carenti, ma abbiamo chiesto in ogni caso rassicurazioni che questi ruoli a tempo determinato non intacchino le piante organiche ovvero non interferiscano con le stabilizzazioni e non sottraggano spazi agli specialisti già formati che, da anni, operano in condizioni di precariato.>> Su questo specifico punto l’A.I.M. si riserva di leggere nero su bianco le reali intenzioni del Ministero<<In ogni caso, abbiamo sottolineato come sia indispensabile predisporre incentivi a favore dei ruoli operanti nei contesti assistenziali più impegnativi ed usuranti, rendendo il sistema più versatile e premiante la produttività. Infine, abbiamo chiesto che l’intero percorso professionale dei medici italiani, dalla formazione all’accesso all’esercizio della professione ed alla progressione di carriera nel SSN, sia scandito dalla valorizzazione delle competenze e del merito, al pari di quanto avviene, già da tempo, in altri sistemi moderni.>>

L’A.I.M., infine, auspica che <<il tavolo di confronto, in futuro, possa essere allargato a tutti gli attori istituzionali, ivi incluse le Regioni, il MIUR e le Università, poiché siamo di fronte a tematiche complesse ed a sfide assai impegnative, che richiedono il contributo di tutti i portatori di interesse.>>

Fabbisogno di personale del Servizio Sanitario Nazionale: bene la richiesta di dati avanzata dal Ministero della Salute alle Regioni. Ma occorre uno sforzo ulteriore

Fabbisogno di personale del Servizio Sanitario Nazionale: bene la richiesta di dati  avanzata dal Ministero della Salute alle Regioni. Ma occorre uno sforzo ulteriore per fornire al decisore ulteriori elementi di analisi utili ad effettuare una adeguata programmazione e pianificazione.

 

L’Associazione Italiana Medici (AIM) esprime apprezzamento per la richiesta urgente, avanzata dal Ministro della Salute alle Regioni,di produrre “dati e parametri aggiornati sul personale sanitario, per la definizione delle contromisure utili a contrastare la carenza di medici specialisti.

<<Questa iniziativa rappresenta un concreto segnale di interessamento da parte del Ministro della Salute nei confronti dell’annoso problema del fabbisogno di professionisti medici>> – dichiara l’AIM– <<Tuttavia, al fine di avere un quadro quanto più esaustivo del contingente quantitativo e qualitativo di medici, nonché di comprendere e governare la complessità del capitolo delle risorse umane in sanità, con le relative differenze su base territoriale, occorre andare oltre il patrimonio informativo nelle disponibilità delle Regioni.>> Le Regioni, infatti, sono state invitate a “fornire entro i primi giorni di settembre le cifre relative alla copertura degli organici dei servizi sanitari territoriali e ospedalieri, specificando altresì il numero e la tipologia di specialisti carenti e il numero di medici che, pur non avendo avuto accesso alla specializzazione, oggi garantisce di fatto e per necessità operativa l’erogazione delle prestazioni nel SSN”. <<I dati che potranno fornire le Regioni andranno analizzati anche in funzione della riorganizzazione delle reti assistenziali ed alcune Regioni scontano ancora delle importanti lacune e dei ritardi, con particolare riferimento all’ambito delle cure primarie e non solo.>> – continua l’AIM–  <<Inoltre, ci sono Regioni nelle quali, a seguito degli effetti dei Piani di rientro, insistono ancora sacche di “precariato” che va assorbito, mentre ci sono altre Regioni in cui la sanità privata è particolarmente sviluppata. Pertanto, siamo convinti che la attuale carenza di medici possa essere riferibile ad alcuni contesti regionali e che essa possa essere riconducile ad alcuni profili specialistici. La situazione, tuttavia, potrebbe divenire più critica con la fuoriuscita dal sistema, nei prossimi anni, delle attuali coorti dei medici over 55, ivi inclusi i medici di medicina generale. Ma ogni ragionamento va fatto a partire da dati quanto più esaustivi sulla forza lavoro in sanità.>> – incalza l’AIM. <<Per ottenere un quadro aggiornato sui profili di medici in attività nel nostro Paese sarebbe necessario, pertanto, avere accesso anche alle banche dati della FNOMCeO, del COGEAPS e delle Casse previdenziali (ENPAM, INPS), oltre che ad altri flussi informativi istituzionali nelle disponibilità dei Ministeri.>>  Ma neanche questo sarebbe sufficiente, rilancia l’AIM: <<Il sistema salute non può essere più concepito seguendo la logica della suddivisione in comparti e settori, come avveniva in passato! Pertanto, sarebbe di straordinaria importanza integrare i flussi informativi relativi alle risorse umane in sanità all’interno di un unico sistema di data warehouse, al fine di disporre in maniera continuativa di informazioni aggiornate sulle differenti coorti di medici e di professionisti sanitari, operanti tanto nel pubblico quanto nel privato, nonché per riconfigurare le professionalità in eccesso in altri profili invece carenti nel Servizio Sanitario Nazionale.>> Infatti, secondo l’AIM: <<i mutevoli scenari epidemiologici e l’inarrestabile progresso scientifico e tecnologico in sanità impongono la sfida dell’adozione di nuovi modelli organizzativi e, pertanto, richiedono l’utilizzo di strumenti che consentano di prevedere i futuri scenari assistenziali e, quindi, di stimare le dotazioni di personale, tenendo conto anche del task shifting, al fine di fornire elementi indispensabili per mettere il decisore nelle condizioni di effettuare una adeguata programmazione e pianificazione dei fabbisogni di professionalità>>. Queste sono state le premesse che hanno portato i Paesi dell’Unione Europea, Italia inclusa, a sviluppare la Joint Action Health Workforce Planning and Forecasting, esperienza che ha consentito di condividere e sistematizzare le buone pratiche, nonché di sviluppare indicatori e metodologie previsionali, per la definizione del fabbisogno di risorse umane in sanità. Per l’AIM: <<è venuto il momento che l’Italia valorizzi a pieno questi strumenti, anche nell’ottica di poter cominciare a censire, documentare e validare le competenze dei medici e delle altre figure sanitarie.>>

 

AIM Sicilia – “Serve un riassetto complessivo del Ssr, non solo ospedaliero, è venuto il momento di fare un’operazione verità coi cittadini”.

  Sono anni, ormai troppi, che in prossimità dell’approvazione in sede politica della proposta di riordino della rete ospedaliera, in Sicilia va in scena il solito copione: i territori insorgono, i politici si ergono a difensori delle loro istanze, la proposta viene emendata ed il piano non passa il vaglio del Ministero della Salute.  La politica regionale continua ad incorrere nell’errore concettuale di concentrare gli sforzi sull’approvazione della rete ospedaliera, senza aver prima definito e presentato alla popolazione un progetto di revisione complessiva del sistema sanitario regionale, che dovrebbe essere tarato sul bisogno di salute misurato con indicatori epidemiologici e sulla valorizzazione delle dotazioni e delle competenze esistenti. Il combinato disposto del persistere di un assetto ospedalo-centrico e delle gravi carenze esistenti nel contesto delle cure primarie continuerà a far registrare un sovraccarico della spesa sanitaria ed un abbassamento della qualità e della appropriatezza delle cure. È a rischio la sostenibilità del servizio sanitario regionale, come dimostra la relazione della Corte dei Conti sul rendiconto sull’esercizio finanziario del 2017 che ha evidenziato come in Sicilia l’incidenza della spesa sanitaria è stata pari al 63,7 per cento dell’intera spesa della Regione. È venuto il momento di fare un’operazione verità coi cittadini, superando le vecchie logiche ed adottando politiche di sistema, o la politica siciliana tutta, dopo il recente dissesto del Comune di Catania, si renderà responsabile del default della sanità siciliana e, con essa, della Regione.

<<Sono anni, ormai troppi, che, in prossimità dell’approvazione in sede politica della proposta di riordino della rete ospedaliera, in Sicilia va in scena il solito copione: i territori insorgono, i politici si ergono a difensori delle loro istanze, la proposta viene emendata ed il piano non passa il vaglio del Ministero della Salute.>> – l’Associazione Italiana Medici (AIM) – Sicilianon fa sconti alla politica regionale, impegnata nella commissione tematica dell’Assemblea Regionale Siciliana nella revisione ed approvazione del documento di riordino proposto dalla Giunta Regionale. <<Al netto di alcuni preoccupanti disallineamenti tra l’offerta assistenziale ospedaliera ed il bisogno di salute espresso dalla popolazione, frutto più di alchimie politiche che logiche programmatorie, diamo atto all’attuale Governo regionale di aver esitato una proposta di riordino più credibile rispetto alla rete ospedaliera dei sogni, esitata dalla precedente compagine governativa ed avallata dai vertici protempore del Ministero della Salute in prossimità di scadenze elettorali regionali e nazionali. Ma non basta!>> – incalza l’AIM-Sicilia– <<La politica regionale continua ad incorrere nell’errore concettuale di concentrare gli sforzi sull’approvazione della rete ospedaliera, senza aver prima definito, e presentato alla popolazione, un progetto di revisione complessiva del sistema sanitario regionale, che dovrebbe essere tarato sul bisogno di salute espresso dalla popolazione e misurato con indicatori epidemiologici, fatta salva la necessaria valorizzazione delle dotazioni e delle competenze esistenti. Il combinato disposto del persistere di un assetto ospedalo-centrico e delle gravi carenze esistenti nel contesto delle cure primarie continuerà a far registrare un sovraccarico della spesa sanitaria ed un abbassamento della qualità e della appropriatezza delle cure.>>

Già in passato, l’AIM-Siciliaha definito vuoto di significato qualsivoglia progetto di rete ospedaliera, che non si inserisca in un disegno di revisione complessiva della sanità regionale, fondato su un sistema integrato delle cure e su un serio piano di sviluppo delle cure primarie, tale da assorbire nel territorio il crescente bisogno delle cronicità ascrivibile all’invecchiamento della popolazione.

<<Sin quanto continueranno a prevalere le logiche dell’interesse di parte e la politica sarà ispirata più dalla rincorsa del consenso che dalle scelte di sistema, la sostenibilità del servizio sanitario regionale sarà a serio rischio, come dimostra la relazione della Corte dei Conti sul rendiconto sull’esercizio finanziario del 2017, che ha evidenziato come in Sicilia l’incidenza della spesa sanitaria è stata pari al 63,7 per cento dell’intera spesa della Regione. È venuto il momento di fare un’operazione verità coi cittadini. In assenza di un netta inversione di tendenza, la politica siciliana tutta, dopo il recente dissesto del Comune di Catania, si renderà responsabile del default della sanità siciliana e, con essa, della Regione.>> – concludel’AIM-Sicilia.

 

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